All’improvviso

In tutte le epoche e in tutte le culture l’improvvisazione musicale come radice di un’esperienza musicale autentica ed interiore

di Walter Prati

All'improvvisoSe, all’improvviso, qualcosa si manifesta, sia esso un suono, un colore, un’immagine oppure una persona, la nostra percezione rimane scossa: accade qualcosa di non previsto e che non rientrava nei nostri “piani comportamentali”.

Questa destabilizzazione può scatenare reazioni di sconcerto, sorpresa, divertimento, paura, interesse e così via; reazioni emotive che colpiscono nel profondo la nostra mente e che segnano il nostro stato interiore nell’immediato succedere.

L’origine dell’improvvisazione sta proprio in questo meccanismo, che agisce sulla parte interiore di ciascuno di noi. Nel mondo musicale, da sempre, l’improvvisazione è servita per donare momenti di sorpresa all’interno di strutture note (i temi nella musica di tradizione orale o l’intero brano nella musica “scritta”). Dall’improvvisazione barocca fino alle cadenze romantiche e oltre; dalle variazioni estemporanee di canzoni famose,  tipiche dell’improvvisazione jazzistica, agli stilemi del rock;  dai ragas della musica indiana alle improvvisazioni modali della musica sarda passando attraverso tutto il Medio Oriente e l’Africa del Nord e l’Africa sub sahariana, senza dimenticare tutte le variazioni ritmiche e melodiche delle musiche, indigene e non, dell’America Latina e di tutte le tradizioni popolari. Improvvisazione che crea attesa e attenzione, che mette in mostra la qualità del musicista. Improvvisazione così malauguratamente lontana dalla mentalità della maggior parte dei “compositori” che la considerano “abdicazione” del proprio pensiero.

Con tutta questa storia alle spalle, che è storia dell’umanità, oggi improvvisare può significare qualche cosa in più. Permette di attraversare i diversi territori della musica con la freschezza e la curiosità tipica del viaggiatore. Certamente occorre un bagaglio (tecnico) completo e leggero; molta curiosità e umiltà. L’arroganza del ‘turista da viaggio organizzato’ viene punita inesorabilmente. Il musicista che improvvisa, credendo che sia sufficiente far correre le dita sulla tastiera, rivela povertà interiore e ignoranza consistente. Allo stesso modo chi crede a una musica superiore a un’altra, confonde il valore della proprietà tecnica con il valore che ha, per la vita dell’uomo, la musica stessa.

In questa visione policentrica tra musiche diverse, tra tecniche differenti il vero punto comune rimane il suono in sé sia come fenomeno fisico sia come metafora generativa della vita e del pensiero. L’attacco, il timbro, la forma d’onda, il decadimento sono tutti elementi che combaciano perfettamente con i tempi di tutto ciò che conosciamo come “esistente”. Le musiche possono rimanere differenti ma la caratteristica del suono può essere il collante, la lingua comune, il traduttore universale dell’esperienza interiore della musica. Improvvisare significa comporre istantaneamente utilizzando i suoni liberandoci, volendo, da schemi precostituiti oppure utilizzandoli in piena libertà.

Improvvisare, oggi, ci permette di essere musicisti e uomini migliori, capaci di affrontare linguaggi differenti, pronti prima di tutto ad ascoltare,  capire che il nostro silenzio può essere musica migliore di mille note suonate senza consapevolezza, di “essere” sempre quella nota, quel timbro, quella pausa e mai dimenticare che insieme a noi suonano altre note, altri timbri e altre pause importanti quanto le nostre.

Il momento del confronto, circa le diverse esperienze nel mondo dell’improvvisazione, permette di affinare queste capacità di ascolto e progettualità istantanea. E’ un contributo al benessere collettivo (benché siano in pochissimi a capirlo e ad esserne consapevoli) ed è una forte testimonianza che cambiare si deve e si può.